Il Medioevo raccoglie l'eredità della medicina del mondo classico: nonostante che nell'Alto Medioevo si assista ad una apparente stasi degli studi di medicina, ciò non significa che la medicina non sia stata praticata. Sino dal VI secolo si hanno notizie di centri medici in Italia e in altre parti d'Europa, mentre nei monasteri la medicina si arricchisce di nuove esperienze. Ma sarà a partire dal XII secolo che la medicina in Occidente vivrà una nuova stagione con la definizione di un nuovo status del medico e con l'ingresso della medicina nell'insegnamento universitario. Con il rinnovato vigore degli studi anatomici a partire dal XIV secolo e con le nuove traduzioni delle opere mediche dell'Antichità, la medicina corre verso il Rinascimento e verso l'età moderna.
Nell'Alto Medioevo si assiste ad un fenomeno di semplificazione del bagaglio culturale medico dell'antichità: mentre la tradizione teorica medica greco-romana e alessandrina rimase come patrimonio della cultura bizantina, nell’Occidente cristiano questa venne dimenticata, residuandone solo una piccola parte che venne conservata nelle biblioteche dei monasteri od ancora insegnata, seppure in pochi centri, in Francia o nelle aree di tradizione bizantina, come Ravenna. Come se il lato più pagano della medicina, quello teoretico cioè, fosse stato in qualche modo isolato e ridotto al minimo indispensabile, dando invece preferenza alle raccolte di ricette, quindi alla terapia. I testi medici che circolavano tra V e X secolo nei grandi monasteri e nelle rare scuole erano infatti compilazioni di materiali tra i più disparati, spesso finalizzate all'insegnamento: brevi opere teorico-pratiche, raccolte di farmacopee o, più spesso, manuali di tipo pratico dove le varie malattie venivano descritte in maniera sommaria con l'indicazione della relativa. Comunque sia, tra questo materiale è possibile ritrovare alcuni testi ippocratici, qualche più raro testo galenico, rimaneggiamenti di opere di Mustio, Aureliano Celio, Sereno Psammonico e di autori più tardi come Paolo di Egina od Oribasio.
vai al sito:
www.accademiajr.it/medweb/introduzione.html
Nell'Alto Medioevo si assiste ad un fenomeno di semplificazione del bagaglio culturale medico dell'antichità: mentre la tradizione teorica medica greco-romana e alessandrina rimase come patrimonio della cultura bizantina, nell’Occidente cristiano questa venne dimenticata, residuandone solo una piccola parte che venne conservata nelle biblioteche dei monasteri od ancora insegnata, seppure in pochi centri, in Francia o nelle aree di tradizione bizantina, come Ravenna. Come se il lato più pagano della medicina, quello teoretico cioè, fosse stato in qualche modo isolato e ridotto al minimo indispensabile, dando invece preferenza alle raccolte di ricette, quindi alla terapia. I testi medici che circolavano tra V e X secolo nei grandi monasteri e nelle rare scuole erano infatti compilazioni di materiali tra i più disparati, spesso finalizzate all'insegnamento: brevi opere teorico-pratiche, raccolte di farmacopee o, più spesso, manuali di tipo pratico dove le varie malattie venivano descritte in maniera sommaria con l'indicazione della relativa. Comunque sia, tra questo materiale è possibile ritrovare alcuni testi ippocratici, qualche più raro testo galenico, rimaneggiamenti di opere di Mustio, Aureliano Celio, Sereno Psammonico e di autori più tardi come Paolo di Egina od Oribasio.
vai al sito:
www.accademiajr.it/medweb/introduzione.html
Nessun commento:
Posta un commento